Spaghetti Blog
Lo faccio all'italiana
venerdì 25 dicembre 2009
venerdì 27 novembre 2009
Tutti figli di un dio iperboreo
All’inizio dell’Iliade è posta una scena gustosa, molto cinematografica. Achille adirato sta per avventarsi contro Agamennone, ma la Dea lo ferma. Tirandolo per i capelli. I pochi versi con i quali Omero scolpisce la scena assumono il loro significato sole se ci raffiguriamo Achille ad immagine e somiglianza dei giovani, dai capelli lunghi e lisci come i cantanti del rock-metal, che ancora oggi si muovono tra Uppsala, Copenaghen e Dortmund, dove sgorga la fonte vitale di tutto il nostro essere. La consapevolezza di quella fonte, persa tra le nebbie della preistoria, rappresenta una delle scoperte più preziose della nostra epoca.
Gli Iperborei dicevamo. Un mito enigmatico, a cui i nostri antichi accennarono con poche parole, un mito sepolto dal cristianesimo che per diciannove secoli ci ha abituato a voltare la faccia verso la sabbia, eppure fissato con versi monumentali da Virgilio che celebrando l’apoteosi di Cesare gli disse: “Come un dio verrai, dall’immenso mare/ e obbedisca a te, l’ultima Thule!”.
Nel passaggio di secolo, Nietzsche ancora una volta pronunciò parole profetiche, ed enigmatiche: “Guardiamoci in faccia – scrisse – noi siamo Iperborei. Al di là del ghiaccio, al di là della morte, la nostra vita, la nostra gioia”.
Gli Iperborei erano il mistico popolo che abitava l’estremo Settentrione del mondo,dove il dio Kronos, re dell’età dell’oro, dorme in uno stato di sonno profondo. Dal paese degli Iperborei secondo i Greci provenivano i mistici sapienti, come Abaris e lo stesso Pitagora; e al paese degli Iperborei annualmente faceva ritorno Apollo, il dio che più di ogni altro esprime l’anima e il volto dei Greci antichi. A far riemergere dal sonno profondo dell’inconscio il regno di Thule, ci provarono nel Novecento diversi maestri di pensiero, seguendo vie diverse. Il bramano Tilak seguì la via dell’astrologia e leggendo nelle stelle dimostrò come gli arcaici indiani che avevano scritto i Veda guardavano il firmamento da un punto di vista iper-boreale. Altri seguirono la via della paleoantropologia, altri risalirono il corso delle lingue per delimitare quella Ur-Heimat (dimora primordiale) dove un Ur-Volk parlava una Ur-Sphrache. Risalendo a ritroso la catena dei secoli, per riscoprire un mondo di primordiale purezza, Evola scelse la via del mito. Comparando le mitologie di tutto l’arco boreale (un arco più ampio di quello indoeuropeo dacché spazia dai Toltechi ai Cinesi), egli ridiede volto alla terra dell’età dell’oro, dove traeva origine il biondo Vishnu e dove ritornava il dio Apollo Le pagine in cui Evola porta luce in questo mondo sepolto sfuggono ai confini della saggistica e della mitologia comparata per volare verso i domini della poesia. Tilak, Evola, Wirth – sia pur con tutti i loro limiti – riaprirono in anni tempestosi le porte del regno di Thule. Poi gli errori che furono commessi generarono tragedie. E nel sangue delle tragedie si perdette il senso di molte conquiste del pensiero.
Quando tutto fu consumato si disse che gli Indoeuropei (termine un po’ sciocco, come sciocco sarebbe il definire gli Italiani come siculo-lombardi) avevano origine dalle steppe. Sì magari da un kolchoz slavo! Quando ogni rigore intellettuale fu perso, si disse che Ulisse era praticamente africano. Proprio Ulisse, che le saghe scandinave conoscono sotto il nome di Ull, l’arciere. Si sono dette tante cose. E molte di quelle si abbatteranno al muro del tempo. Noi oggi dobbiamo tornare a dire la verità, inseguendola sulle strade della paleoantropologia, della linguistica, del mito. Per ricominciare è prezioso l’opuscolo della Fondazione Evola intitolato Il mistero iperboreo, in cui sono raccolti gli scritti più belli di Evola sulla origine nordica del nostro mondo, uniti ad una presentazione di Alberto Lombardo che inquadra il contesto storico delle ricerche di Evola, e una conclusione di Mario Giannitrapani che aggiorna il lettore non specialista sulle ultime acquisizioni della paleoantropologia. L’Europa – a cui interessati esperti dell’O.N.U. hanno diagnosticato la morte demografica per la fine del secolo – si trova di fronte a una sfida. Alla sfida seguirà una risposta.
Alle emergenze pratiche, quotidiane che lo snaturamento dell’Europa pone, la volontà politica dei popoli del continente ha già dato risposta con verdetti elettorali inequivocabili in Austria come in Italia, nei paesi latini, come nelle nazioni nordico-germaniche. A livello spirituale la risposta sarà più lenta, ma più fruttuosa: al dilagare del fanatismo delle religioni abramitiche, l’anima dell’Europa risponde suscitando un rinnovato interesse per la spiritualità indoeuropea. Appellandoci all’ottimismo della volontà, ci sembra di scorgere già oggi segnali incoraggianti di questa risposta.
Nella riscoperta della nostra spiritualità il tema della origine nordica occupa un posto fondamentale. Gli europei di nuova generazione hanno il diritto di sapere che non sono nati dal fango come narra un mito mediorientale, ma sono tutti “figli di un dio iperboreo”, con tutte le conseguenze che ne derivano. Quelle conseguenze che probabilmente Lombardo ha voluto suggerire al lettore ponendo in terza pagina una bella citazione di Adriano Romualdi: “La scienza delle radici indoeuropee non ha un mero valore storico e antiquario. È la scienza di ciò che ci è affine e ciò che è estraneo, ciò che va accolto e ciò che va respinto. È il punto in cui si schiude l’orizzonte di una tradizione europea, una tradizione in cui ha posto anche una nuova prospettiva religiosa europea di radice nordica”. Queste parole dette da uno che è morto all’età di chi è caro agli dei colgono una essenza: la spiritualità indoeuropea non è roba da museo. Essa attende di essere espressa in parole nuove, adatte ai nostri giorni, parole che i nostri fratelli più giovani, i nostri figli di domani possano pronunciare mentre guidano automobili avveniristiche, mentre comunicano con i satelliti, mentre operano con il laser e scoprono nuove fonti di energia. Di due cose l’Europa ha bisogno per superare la crisi di passaggio dell’anno duemila: di cieli sempre più ampi per le sue scienze e la sua tecnologia, di una legge morale radicata nei suoi principi più arcaici. In modo che il futuro e il principio si chiudano in cerchio.
* * *
Julius Evola, Il “mistero iperboreo”. Scritti sugli Indoeuropei 1934-1970, quaderno n° 37 della Fondazione Julius Evola, a cura di Alberto Lombardo, con postfazione di Mario Giannitrapani, pp.96
Tratto da L’Officina dell’agosto 2002.
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martedì 20 ottobre 2009
Trattato del Ribelle
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lunedì 21 settembre 2009
Afghanistan, tra lutti e diritto internazionale
I morti sono morti, le ardite anime dei nostri parà sono tornate a librare nei cieli; rimane solo un forte sentimento di amarezza in chi, nel paese, considera tutti i militari come un po’ come dei figli o dei fratelli e poi, soprattutto, rimane il pianto sommesso o straziato dei parenti delle vittime.
Il vociare su ritiri o non ritiri delle truppe, sul fatto che siano o meno in missione di pace o di guerra, sull’esporre o meno il tricolore dalle finestre in segno poi non si sa di che (sono soldati italiani ma morti in una guerra di coalizione e per quelli che di certo non sono gli interessi della Repubblica Italiana, né della nazione.. a meno che non si consideri un interesse il servilismo nei confronti degli imperialisti d’oltreoceano, o il rischio che come risposta al nostro intervento i “terroristi” attacchino anche l’Italia), questo vociare, insomma, non è altro che fiato al vento.. lo stesso vento che i nostri paracadutisti fendono come lame ad ogni lancio.
Il problema, come tutti i problemi, va analizzato all’origine, che in questo caso non è la vera e propria radice altrimenti dovremmo tirare in ballo le torri gemelle ed i vari sospetti di complotto.
E’ molto facile condannare l’intervento degli AmeriCani in Iraq: un’illegittima invasione della sovranità territoriale di uno stato nazionale non belligerante basato su tesi rivelatesi in seguito infondate (il possesso di armi di distruzioni di massa e fantasiosi collegamenti tra Saddam e Al Qaeda).
Altro discorso si può fare sull’attacco in Afghanistan, moralmente giustificato dal concetto di legittima difesa anch’esso previsto dal diritto internazionale. E’ il caso per questo di citare uno dei maggiori esperti nell’argomento: Benedetto Conforti. Il giurista tra le altre cose è membro della Commissione europea dei diritti umani e giudice della CEDU (Corte Europea dei diritti dell'uomo); presidente della Società italiana di diritto internazionale e dell'Institut de Droit International; membro dell'Accademia Nazionale dei Lincei e del Curatorium dell'Accademie de Droit international dell'Aja. Nella settima edizione del suo testo “Diritto Internazionale” sostiene:
[…]Per quanto riguarda la dottrina Bush, rozza espressione di forza, essa è stata condannata o criticata da vari Stati ed anche dal Segretario generale delle Nazioni Unite innanzi all’Assemblea Generale dell’ONU (seduta del 23/09/2003, UN Gen. Ass, Off. Records, 58th sess. Plenary Meet)
In effetti la tesi della legittima difesa, anche nel caso di attacchi terroristici su vasta scala, come l’attacco alle torri del World Trade Center, lascia assai perplessi, trattandosi comunque di crimini internazionali individuali, che come tali andrebbero puniti, senza produrre altre vittime innocenti. E’ sintomatico del resto che, in due risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, la ris. n.1368 del 12/09/2001 e la ris. n.1373 del 28/09/2001, adottate dopo l’attacco, è proprio la lotta al crimine internazionale che viene in rilievo: in esse, da un lato, si insiste sulla necessità che gli Stati collaborino per assicurare alla giustizia gli autori dell’attacco e i loro sostenitori e finanziatori, dall’altro si decide che gli Stati prendano una serie di misure non implicanti l’uso della forza, tra cui la prevenzione e la soppressione di ogni finanziamento del terrorismo, il congelamento dei fondi direttamente o indirettamente destinati a detto finanziamento, il divieto di fornitura di armi ai terroristi, l’adozione di severe norme penali ai terroristi e simili. Non c’è invece, in queste risoluzioni, alcuna autorizzazione all’uso della forza. E’ bensì vero che nei “considerando” di entrambe le risoluzioni si riconosce il diritto naturale di legittima difesa individuale e collettiva “in conformità alla Carta delle Nazioni Unite”, ma nessuno potrebbe seriamente fondare la legittimità della guerra su un “considerando”, peraltro assai equivoco, delle due risoluzioni.
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mercoledì 26 agosto 2009
Socializzazione
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giovedì 9 luglio 2009
martedì 30 giugno 2009
Gran Premio dell' EUR
Per uno che sogna da una vita di vedere dal vivo un gran premio.. questo sarebbe e sarà il più grande regalo.
Roma glorifcata come merita dalla più alta disciplina automobilistica, e la F1 impreziosita da quella che sarà la pista più bella del mondo!
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lunedì 29 giugno 2009
martedì 9 giugno 2009
Giovani x Abruzzo
Matteo Gentilucci, 21 anni
«Credo sia una sorta di dovere morale, per tutti i giovani che ne hanno la possibilità, quello di partecipare ad iniziative come queste. Poi più avanti negli anni verranno la famiglia, il lavoro, gli impegni: ora è il momento di aiutare gli altri». Matteo Gentilucci, 21 anni, di Roma, è uno studente lavoratore che nel tempo libero si dedica alla militanza politica, e con le idee molto ben chiare sul perché subito dopo il terremoto ha scelto di partire per l'Abruzzo assieme ai giovani volontari del Ministero della Gioventù. Sono gli stessi perché con i quali esorta tutti i suoi coetanei a fare lo stesso, e a non perdere un'occasione importante per se' e per gli altri. Lui in Abruzzo c'è stato, e vorrebbe ritornare di nuovo. Perché dalla realtà vissuta in prima persona in quei giorni da volontario tra i terremotati è riuscito a trarre moltissimo.«Essere stati al campo della Folgore, a Navelli, ha contribuito ancora di più a rendere questa esperienza particolarmente formativa» dice. Vivere fianco a fianco con i militari, essere trattati come loro pari, condividere le fatiche, le difficoltà ma anche i momenti positivi, e imparare a pensare e lavorare come loro è stato un arricchimento dal punto di vista personale che difficilmente Matteo crede avrebbe potuto maturare altrove. «Da quando non esiste più il servizio di leva non sono certo molte le occasioni per i giovani di entrare in contatto con il mondo militare - spiega - Credo che, qualunque sia la scelta di vita che si intende fare, questa sia una pagina che non dovrebbe mancare tra le esperienze fatte».
http://www.giovaniperabruzzo.it/storie.aspx
Pubblicato da Matteo G alle 14:35 2 commenti
domenica 31 maggio 2009
Idea e Rivoluzione
' Nondimeno, se nasceva una discussione, bastava un anarchico, sia pur l’ultimo e analfabeta, ma non erano quasi mai analfabeti anche se facevano un mestiere, per tener testa a un gruppo di socialisti.
“È vero o no” gli dicevano a che più si combatte insieme e più s’avvicina il giorno in cui ci sarà un mondo senza classi, senza più sfruttati e senza più sfruttatori?”.
“Poniamo di si” l’anarchico rispondeva.
“Come poniamo? Il numero fa o non fa la forza?”.
“Il numero fa gregge. Collettive sono le pecore che hanno sempre bisogno di tre cose: del pastore, del cane e del bastone. L’individuo è libero e arbitro di tutte le sue azioni”.
“Parli come un capitalista”.
“E vojaltri come dei preti”.
E venivano alle mani.
E nel migliore dei casi; “Con te non si può discutere. Voi anarchici siete dei Poeti”. '
( Vasco Pratolini )
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martedì 14 aprile 2009
Fabbricando case
L'arguto Massimo ha avuto una delle sue solite intuizioni, l'evidente scandalo suscitato dai crolli eccessivi causati dal sisma in Abruzzo ha portato alla luce quello per cui molti di noi non si sono stupiti.
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domenica 29 marzo 2009
La formazione di una Coppia (Post n° 100!)
La formazione di una coppia prevede almeno tre tappe, scandite da crisi praticamente annunciate:
Tappa numero uno, la fusione: penso come te, intuisco i tuoi pensieri, ci capiamo senza parlare, la complicità è totale...ci si ritrova nei panni del bambino di un tempo, in uno stato di totale regressione...in altre parole in quella fase idilliaca in cui si viveva in simbiosi con la propria madre...l'equazione della coppia è 1 + 1 = 1, l'io è annullato a vantaggio del noi...si vive insieme, si esce insieme, non si fa niente senza l'altro fino all'asfissia...a volte, ovviamente; è l'illusione su cui si fonda la vita a due, si è convinti di aver finalmente trovato il proprio doppio...
Quando si ascoltano le coppie capita spesso di avvertire una certa nostalgia per i primi tempi della relazione:è come se si rifiutassero di abbandonare questa fase di risveglio e di rivelazione...la terapia consiste nell'accettare e nel comprendere che un'altra realtà fa parte del passaggio iniziatico e che questo processo di maturazione è un'occasione di crescita per la coppia, bisogna imparare a rinunciare agli aspetti ormai superati della propria storia per continuare a costruire su altre basi...all'elaborazione del lutto fa seguito un percorso di rinnovamento, dopo la necessaria fase di idealizzazione è indispensabile evolvere verso una relazione costruttiva, fondata sulla comunicazione e sulla comunione: questo significa accettare il passaggio dal principe azzurro al compagno autentico, con il suo amore e le sue debolezze...per innamorarsi è necessario essere liberi mentalmente, disponibili, pronti all'incontro...l'altro pronuncia una parola, compie un gesto, lancia uno sguardo, ed ecco che scatta il meccanismo...perchè è proprio lui, al di là di ogni spiegazione razionale è una sottile alchimia che agisce, coinvolgendo le emozioni più profonde...anche se tutto sembra casuale esiste in realtà una rappresentazione inconscia che rende possibile l'avvicinamento.....
Tappa numero 3, l'esplorazione di sè e dei propri limiti:ciascuno dei due vuole vivere alcune cose in coppia e altre da solo...è la fase delle uscite con le amche, della riscoperta di attività prima trascurate, degli eventuali amanti, per mettere alla prova i sentimenti e ricevere conferme sul proprio potere di seduzione...E' iniziato il braccio di ferro per scoprire chi dei due avrà la meglio sull'altro...anche in questo caso si rischia fortemente di perdersi:in assenza di dialogo, frustrazioni e silenzi si accumulano come la calma prima della tempesta...E' solo dopo aver superato con successo queste prime tre fasi che la coppia raggiunge la piena maturità...alla fusione si privilegia la vicinanza, percepita come meno distruttiva: ognuno si accetta con i suoi desideri, le sue priorità, ma anche con i suoi blocchi e difese, e ognuno decide con cognizione di causa di mettere in comune quello che gli sembra accettabile e necessario affinchè la coppia continui a funzionare; non contenti di pagare insieme l'affitto, si vuole costruire intorno a sè una vera storia, altrimenti invece che di coppia sarebbe più corretto parlare di coinquilini...questo modo di procedere presuppone amore...
Questo modo di procedere presuppone amore, disponibilità all'ascolto e capacità di negoziazione, senza per questo lasciare spazio a compromessi inaccettabili...con il passare degli anni, se tutto va bene, la coppia arriva a vivere in sinergia, i figli sono cresciuti o hanno abbandonato il nido, i giochi professionali sono ormai fatti, il distacco permette di attingere alle proprie risorse e dedicare maggiore attenzione agli altri...Alcuni innamorati superano queste tappe passo dopo passo, mano nella mano, altri finiscono con il lasciarsi, alcuni falliscono una prima volta e affrontano poi con successo un nuovo tentativo...altri elaborano di volta in volta nuove strategie per vivere in due......
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venerdì 27 marzo 2009
Preludio della stupidità
I Supertramp sono i Supertramp, inutile commentarli... e questo brano potrebbe anche non piacere ai più: è la loro Bohemian Rapsody, se mi permettete il parallelo anacronistico, e questo video/live gli rende perfettamente giustizia.. va visto dall'inizio alla fine.
Pubblicato da Matteo G alle 13:55 0 commenti
giovedì 19 marzo 2009
"Whispers through my Gran Torino..."
Scoprire anche che spesso è bella la differenza dell’altro, non mescolarsi e assimilare, ma percepire il fascino della diversità.
Tutti siamo affezionati al mondo che ci circonda e infastiditi dai cambiamenti, dai corpi estranei; ma sta all’uomo intelligente distinguere nei corpi estranei quelli benigni da quelli maligni.. senza cadere nell’ignoranza del “sò tutti uguali”, anche nei casi in cui di elementi buoni se ne trovano davvero pochi.
E può succedere anche che questo essere anziani ci fa portare dentro dei pesi morali dei quali non sappiamo sgravarci, e che la via possa essere la più inaspettata.. seppur passando attraverso i nobili canali dell’amore paterno, dell’attaccamento al territorio, al quartiere, al paese, della giustizia e soprattutto del sempre-verde eroismo.
E cosa può simboleggiare un’automobile, che tanti considerano solo un mezzo di trasporto, per chi ha un animo talmente profondo da attribuirle valore sentimentale ed artistico?
In Gran Torino ognuno può trovare tanto, fino alle lacrime, in un film dalla regia eccellente ma letteralmente ucciso dal doppiaggio italiano che ha reso farsesca la maggior parte dei dialoghi. E poi c’è Clint, che è sempre Clint.
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martedì 3 marzo 2009
Esiste il male assoluto?
Solo per menti libere
Pubblicato da Matteo G alle 15:05 3 commenti
sabato 28 febbraio 2009
Inglorious Trailer..
Mancano ancora tanti mesi, e non so se tutte queste piccole e rare rivelazioni che a mano a mano ci arrivano sono di conforto o peggiorano la febbrile attesa.. Io intanto aspetto aspetto ed aspetto, con tutti quelli che come me non vedono l'ora, per essere il primo.. mi ci gioco lo scalpo (Cuoio capelluto del sottoscritto, ndt)!!!!
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sabato 21 febbraio 2009
100 anni fa
Pubblicato dal «Figaro» di Parigi il 20 febbraio 1909
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lunedì 26 gennaio 2009
Sondaggio
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venerdì 16 gennaio 2009
PALESTINA, Santoro e l'Annunziata
Santoro sarà anche un dittatore ma, anche se non mi sarei mai aspettato di dire una cosa del genere sull'esempio vivente del giornalismo beceramente fazioso, stavolta gli sono ideologicamente vicino. Ormai avete capito come la penso.
Ecco un pezzo, quello caldo, della trasmissione in questione:
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PALESTINA e Bin Laden?
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martedì 13 gennaio 2009
Per i posteri
da parte di chi non vuole tacere o risultare colluso con i crimini che vengono commessi durante i suoi tempi.
Primo Ministro d’Israele, 1949-1954, 1955-1963
"La forza non sta nella difesa ma nell’attacco"
Pubblicato da Matteo G alle 21:18 0 commenti